Pinacoteca di Brera
Milano
*** (Vale un viaggio)
La Pinacoteca di Brera è un museo
d’arte antica e moderna, di proprietà statale, gestito dalla locale Soprintendenza
per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici. La Pinacoteca ha sede nel
Palazzo di Brera, opera iniziata nel XVII secolo da Francesco Maria Ricchini e
terminata da Giuseppe Piermarini nel 1776. Il Palazzo ospita altresì
l’Accademia di Brera, l’Istituto Lombardo di Scienze, l’Orto Botanico, l’Osservatorio
Astronomico e la Biblioteca Braidense.
Si tratta di uno dei più
importanti musei statali italiani. Il percorso espositivo comprende opere dal
XIV al XX secolo, la maggior parte delle quali assoluti capolavori dell’arte
italiana. Qui si trovano opere di Raffaello, Mantegna (il celeberrimo “Cristo
morto”), Giovanni Bellini, fino a Modigliani e un buon numero di preziosi e
rari Morandi del periodo metafisico.
Brera nasce nel 1776 per decreto
di Maria Teresa d’Austria. La storia delle raccolte inizia con le soppressioni
teresiane, ovvero quando l’Imperatrice ordina l’abolizione di alcune chiese e
conventi della città e fa confluire a Brera le opere ivi requisite. Le raccolte
si arricchiranno ulteriormente grazie alle soppressioni napoleoniche: quando
Milano divenne capitale del Regno d’Italia nel 1805, Napoleone decise di
trasformare Brera in un museo che contenesse i dipinti più significativi (tra
quelli che non erano stati trasferiti al Louvre) provenienti dai territori conquistati
dalle armate francesi e che svolgesse il ruolo di compendio della migliore
produzione artistica del Regno. Questo, in breve, il motivo per cui a Brera
troviamo veri capolavori.
Quando ho deciso di visitare nuovamente
la Pinacoteca (la mia visita precedente è ormai lontana alcuni anni) avevo
molti pregiudizi. Ero convinta di vedere opere rovinate, infiltrazioni d’acqua
dal soffitto, sale chiuse e tutto il resto che si sente dire del museo dall’opinione
pubblica. In realtà, con grande stupore, non è affatto così maltrattata. Le
sale sono pulite, verniciate – pare – recentemente, le opere sono ben
conservate e ben illuminate, all’ingresso vengono distribuiti pieghevoli con l’indicazione
delle sale e la presentazione del percorso espositivo ed è addirittura presente
un bookshop che vende volumi, cartoline e oggetti di alta qualità. Gli ambienti
interni sono di grande fascino e ricordano i musei viennesi, il Kunsthistorisches
in particolare. Durante il percorso si incontrano due depositi di opere d’arte,
che mostrano parte della collezione non esposta o comunque fanno intendere la
maggior vastità del patrimonio, e il laboratorio di restauro, visibile tramite
una grande vetrata. All’interno era esposta la “Pietà” di Giovanni Bellini ora,
appunto, in restauro e altrimenti invisibile.
Sorgono quindi spontanei alcuni
quesiti: perché Brera è così malvista dall’opinione pubblica? Perché così poco
visitata dal pubblico? E infine, ma non meno importante, servirà la
realizzazione della “Grande Brera” a ridare slancio e visibilità alla
Pinacoteca?
Non voglio annoiarvi con
argomenti che esulano, in parte, con questo blog, ma alcuni dati per capire
meglio il museo credo che servano.
Nel 2011 la Pinacoteca è stata
visitata da 287.390 persone (fonte: Mibac), collocandosi “solo” al diciottesimo
posto per numero di visitatori dei musei/aree archeologiche statali, con un
introito lordo di 745.000,00 €, ai quali aggiungere gli introiti da servizi
aggiuntivi (bookshop). Secondo Stefano
Baia Curioni (Storico Economico e vicepresidente del centro di ricerca ASK,
dell’Università Bocconi di Milano) che ha rilasciato in questi giorni un’intervista
sul Giornale delle Fondazioni del Giornale dell’Arte, il costo di
funzionamento stimato di Brera è di circa 7 milioni di euro all’anno. Pertanto
il deficit strutturale è di circa 6 milioni di euro all’anno. Il progetto della
“Grande Brera” ha ricevuto proprio in questi giorni il via formale, essendo
stati sbloccati 23 milioni di euro per dare corso alla gara d’appalto. Il
progetto, firmato dallo Studio Mario Bellini di Milano, prevede il trasferimento
dell’Accademia nell’ex Caserma Magenta, il riallestimento delle sale della
Pinacoteca e l’espansione delle raccolte nel vicino Palazzo Citterio, che
dovrebbe contenere le collezioni del ‘900, un auditorium, i laboratori
didattici e la fototeca. Il costo dell’intero progetto si aggira sui 150
milioni di euro. Il progetto dovrebbe essere inaugurato in occasione dell’Expo
di Milano nel 2015. I nuovi spazi espositivi permetterebbero l’allestimento di
grandi mostre temporanee e nuovi spazi per il pubblico. E questo impero
dovrebbe mantenersi trasformando Brera in una Fondazione che attirerebbe soci e
capitali privati.
Non meriterebbe nemmeno un commento un’iniziativa così irragionevole
sotto molti punti di vista: innanzitutto per i tempi di realizzazione, impensabili
anche qualora fosse disponibile l’intero ammontare per la realizzazione del
progetto. Denari che, per inciso, non si sa se arriveranno e con quali tempi. Se
poi consultate il sito della Pinacoteca, vedrete, tra le informazioni per la
visita, che non viene garantita – per problemi finanziari e di personale – l’apertura
di tutte le sale nei giorni festivi. Come al solito: soldi per grandiosi
progetti dimenticandosi della gestione ordinaria. Ma, come sempre in questo
periodo, si guarda al privato come àncora di salvezza in un mare di buchi di
bilancio pubblici. C’è ancora qualcuno che crede che un museo possa guadagnare:
non è possibile, credetemi. E non è possibile ancor di più se il bene in
oggetto è pubblico, ha finalità pubbliche, una legislazione che tutela le sue
funzioni e ne detta gli utilizzi. Gli unici privati che la nuova Brera potrà
attrarre saranno per lo più Fondazioni ex bancarie, che proprio “private” non
lo sono. Ultimo punto: non credo che per salvare Brera serva un archistar, né esporre
tutte le opere conservate nei depositi, né 20.000 mq in più di spazio. Servirebbe
una rivalutazione logica delle sue collezioni, meno terrorismo e più affezione
nei confronti di una realtà museale incredibilmente affascinante. Mancano le
mostre? Ma perché devono essere organizzate dal medesimo ente proprietario
negli stessi spazi della Pinacoteca? Ci sono opere invisibili di inestimabile
valore? Facciamole viaggiare e conoscere fuori dal quartiere. Occorrerebbe una
promozione al di fuori delle mura comunali, in Italia e all’estero.
Non si promuove il patrimonio in questo modo, non decuplicando i costi, snaturando le origini di un’istituzione,
creando conflitto tra Accademia e Pinacoteca, enti che volontariamente sono
nati gemelli perché il primo doveva guardare al secondo come esempio e il
secondo contribuire ad accrescere il primo.
IMPORTANTE: La storia della Pinacoteca, delle sue acquisizioni, delle istituzioni che hanno sede nel Palazzo e ovviamente, la collezione. Superba.
EMOZIONANTE: Ognuno di voi troverà un’opera che riuscirà davvero ad affascinarlo. Per me emozionanti sono state le opere metafisiche di Giorgio Morandi, donate da Emilio Jesi negli anni ‘Ottanta del Novecento insieme a una collezione di arte moderna assoluto rilievo (Modigliani, De Pisis, Boccioni, Martini, Marini, Carrà, Braque, Picasso, e molti altri).
DIVERTENTE: I materiali in vendita nel bookshop. Sono davvero particolari e si possono trovare molti oggetti curiosi, oltre a pubblicazioni scientifiche e libri d’arte.
DELUDENTE: L’allestimento (questo sì che
avrebbe bisogno di essere rivisto) della Collezione Jesi.
DA VEDERE PERCHE’
Da vedere prima della trasformazione (se mai ci sarà davvero). Per ribaltare l’idea che così la Pinacoteca sia un luogo derelitto e dimostrare un po’ d’affetto verso uno dei luoghi di cultura più importanti del nostro Paese.
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